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la morte aleggiava funereo nel salottino, e pesava grave come il rimorso sopra i due sciagurati, che non osavano scambiare nè un motto, nè uno sguardo.
Così li sorpresero le prime ore del mattino.
La servetta, senza averne avuto incarico dai padroni, fu lesta a correre nella casa bianca a narrare l’accaduto e poco dopo Ippolito comparve, inaspettato, nella lugubre scena. Gli si diede lì per lì una spiegazione improvvisata; ma egli era troppo avvezzo a leggere negli occhi di Daria, e gli occhi di Daria non sapevano mentire.
Fortunatamente le disposizioni che occorrevano per il decesso, copersero il generale imbarazzo. Pierino andò dal medico; Matilde scomparve tacitamente, rotta dalla fatica e da tante scosse avute. Ippolito allora si avvicinò a Daria e le chiese risolutamente la verità.
— Più tardi — balbettò la giovane — più tardi le dirò tutto, a lei solo.
Egli si accorse che stava per cadere e la cinse colle sue braccia. Non aveva mai arrischiato una cosa simile, ma in quel momento sentiva il diritto di stringersela sul cuore, perchè la poveretta non aveva più nessun protettore al mondo: egli le si affermò tutto suo, eternamente suo, posandole le labbra sugli occhi, bevendone le lagrime.