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— Sì — rispose Daria con un sospiro.
E poi non dissero più nulla per un gran pezzo, pensando le medesime cose, oppressi dalla recente sventura.
La Lena, dopo aver continuato a piangere per un po’ di tempo, chiuse gli occhi, sfinita, e si addormentò sul seno di Daria. Allora Daria si levò pian piano e andò a posarla sul divano bigio, mettendole davanti una sedia perchè non avesse a cadere; chiuse a metà le imposte delle finestre e tornò al suo posto, muta, triste e calma come soleva.
Il sole, che fuori raggiava così vivo, non penetrava oramai che per un lieve spiraglio dalle imposte socchiuse; tutta la stanza era immersa in una penombra; una mosca, la prima della stagione, ronzava intorno alla finestra, urtando tratto tratto nei vetri con un rumore secco e molesto. Il cucù, che si era fermato, e che nessuno in quei giorni aveva pensato a caricare, se ne stava muto tra le due finestre, come un lungo spettro, testimonio immobile di tutto quello che accadeva nel salotto.
— Hanno mandato la nota del funerale? — domandò Daria, a voce bassa.
— No — rispose Ippolito, mentre colla mano si assicurava ch’essa era ben nascosta nella sua