Pagina:Neera - La Regaldina, Madella, 1914.djvu/50

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Non aveva nè bellezza, nè ingegno, nè cuore; ma uno spolvero di tutto ciò; civetteria, intelligenza e nervi ne tenevano le veci con molta naturalezza. Sapeva piangere, sapeva ridere a tempo; muoveva gli occhi con profonda cognizione e si serviva in modo ammirabile del sorriso, che era la bellezza tradizionale della sua famiglia.

La sua gioventù, la sua posizione d’orfanella, la presentavano nel mondo sotto un punto di vista interessante, del quale ella sapeva approfittare per farsi compiangere.

Veniva a passare le mattinate insieme a Daria; aveva in tasca un ricamino o un romanzo — il romanzo più spesso che il ricamo; — leggeva volentieri i racconti febbrili, le storie d’amore dove l’eroina fosse molto elegante; aveva nel sangue la febbre delle emozioni precoci, l’avida bramosìa del frutto proibito.

Cresciuta nei primi anni, per vicende di famìglia, lontana dalla madre, presso parenti trascurati che la viziavano, il germe di mollezza e di epicureismo che ondeggia nella presente generazione, le si era sviluppato potente. A diciotto anni vagheggiava già la ricchezza come bene sommo — il piacere come unica meta. Era troppo scaltra per dirlo — ma un osservatore avrebbe trovato tutto ciò ne’ suoi occhi curiosi, dai bagliori