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216 Novelle gaje.

guiva coll’occhio mentre entravano in castello, dondolando la testa in cadenza dei loro passi, e ripetendo con un lieve accento marziale: on! doi! Bel spettacolo!

Beniamino si fregò le mani pensando al momento che sarebbe soldato anche lui — e pinf e punf e zag e tac — non aveva mai ammazzato un coniglio, ma si propose di sterminare lui solo l’esercito nemico.

Tutto immerso in queste guerriere prospettive, sentì una grossa mano pesare sulla sua spalla e una voce gridargli:

— Quando la farete voi quella figura, giovinotto?

Beniamino si volse senza scomporsi, anzi guardando con tutta placidezza l’interlocutore e, visto ch’era un pezzo di granatiere dai lunghi baffi e dalla faccia vermiglia, rispose pronto:

— Ebbene, la faremo insieme, compar montagna.

— Tocca là! — Così mi piacciono i coscritti, esclamò il granatiere, prorompendo in una risata che rimbombò come un cannone nelle larghe pareti del suo diaframma.

Beniamino rise anche lui con un po’ più di moderazione — ed essendo per tal modo cresciute di un filo le loro reciproche esistenze, si fusero in una cordiale amicizia.

Non si erano mai visti prima d’allora, ma giurarono di star sempre amici e di aiutarsi a vicenda.