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che le posavano in grembo, incrociate in una soavissima attitudine fra l’attesa e la preghiera.
Ma nello stesso tempo, per un dualismo di sensazioni a cui era troppo avvezzo, pensava le malattie, i figli, la responsabilità, gli impegni economici, il vincolo indistruttibile. E i suoi occhi abbandonavano le mani della fanciulla per tornare a fissarsi cupi e senza raggio sulla soglia della camera di Corinna.
Non parlavano più. Appoggiati alla cassapanca, aspettavano.
Il lume, in alto, vacillava proiettando raggi verdastri e tremolanti sul capo ai due giovani. Una o due volte l’orologio della chiesa parrocchiale suonò le ore.
— Andiamo a vedere — disse Dina a un tratto.
Senio la seguì con tutte le cautele, e misurando il passo su quello leggiero di lei, entrarono in camera dell’ammalata. Corinna