Pagina:Neera - Senio, Galli, 1892.djvu/92

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nudi diventavano freddi, li nascosi sotto la mia giacchetta, guarda, così, per riscaldarli.

— Oh, questo non può essere — protestò Dina, invasa da un subitaneo senso di pudore.

— Sì, sì! Te lo giuro. Che male c’è? È stato precisamente il giorno di quel grosso temporale che ruppe tutti i vetri, non sai? Oh ma eri allora tanto piccina! Ti portavo come una pupattola, come una piuma, come un fiore... così!

Le prese, dal grembo, una manciata di fiorellini del melo, sollevandoli in alto, accostandoli poi quasi distrattamente alle labbra.

— Ti piacciono? — mormorò Dina.

Senio non rispose. Con un rapido sbalzo la fantasia lo aveva trasportato quindici giorni indietro, nel freddo salottino di Stefano e sentiva la voce profonda dell’amico: «Tu non lo sai, newero, come rimasi avvinto? Fu una sera d’estate, sotto il pergolato di tuberose