Pagina:Neera - Teresa.djvu/103

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Per tutta l’estate si cullò in quel pensiero d'amore, accarezzando illusioni stravaganti. Si immaginava, talvolta, di veder passare il signor Cecchino nella via di San Francesco, o che si aggirasse incognito nei dintorni, spiando l’occasione di vederla. Forse riceverebbe una lettera. Forse egli si disponeva a venire a chiederla in isposa.

Tutte queste fantasticherie la tenevano molto occupata, cambiavano affatto l'ordine delle sue idee.

Cominciò in quel torno a leggere qualche romanzo sotto l’occhio indulgente della mamma.

— Non c'è nulla di vero, sai? — diceva languidamente la signora Soave — la vita non è come la descrivono nei libri; ma alla tua età leggevo volentieri anch’io. Cose di gioventù!

Una volta, che giunse una lettera dello zio di Marcaria, Teresina credette di impazzire; e poiché la lettera era stata messa sul tavolo dell’esattore, nel suo studiolo, ella vi faceva la ronda impaziente, guardandola, toccandola, osservando se mai nella busta vi fossero delle trasparenze indiscrete.

Quando il signor Caccia, inforcando gli occhiali, ruppe il suggello di gomma e presa conoscenza in un batter d'occhio delle brevi parole contenute, pose la lettera in tasca, Teresina rimase a bocca aperta, col cuore sospeso — e poiché il signor Caccia si allontanava, ebbe il coraggio strano di corrergli dietro.