Pagina:Neera - Teresa.djvu/249

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figliuola sciupi gli anni migliori, il cuore, la riputazione, ogni affetto gentile dell’animo in un amorazzo vuoto, senza fondamento per l'avvenire?

Che c’entro io, nevvero? Ella sta per domandarmi, con quale diritto mi faccio giudice delle quistioni altrui. Ma la religione che noi professiamo ci fa un dovere delle missioni piú spinose. Posso io vedere un fratello sull’orlo dell'abisso e non avvertirlo, e non procurare di ritrarnelo, per la semplice ragione che egli non mi conosce?

Il signor Caccia si passava il fazzoletto sulla fronte madida di sudore. Tutti i difetti di quest’uomo, la boria, la dappocaggine, l’ostinazione burbanzosa, si univano alla sua unica virtù — l'onore — per rendergli quel momento uno dei piú tristi della sua vita.

Alla fine, facendo uno sforzo sopra se stesso, con piglio nobile e calmo:

— Mia figlia...

Monsignore lo interruppe subito, fermandogli la mano che si era stesa quasi in forma di giuramento solenne.

— Non una parola in difesa della fanciulla. Chi non la conosce? Chi oserebbe gettarle la pietra? La quistione si riduce a un dilemma semplicissimo. O lei acconsente alle nozze e facciamole piú presto che si può; o non acconsente, e allora nella carità di prossimo, nel dovere di rettore d’anime, io la supplico di togliere questo scandalo.