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Sulle rive della Sonna. 105

pendolo, tenendo colle mani fermo e incrociato sul seno l’ampio fazzoletto da testa e procurando d’evitare le ineguaglianze del terreno per non guastare i suoi zoccoli nuovi.

— Ma dove andiamo alla fine? — domandò Editta accorgendosi che il sentiero saliva gradatamente.

— Vedrà, vedrà — rispose la vecchierella con un sorriso misterioso.

Continuava uniforme il verde fitto dei noccioli, dei castagni e delle querce; la Sonna scompariva a intervalli dietro il gomito di una collinetta, ma si udiva sempre il gaio mormorìo dell’acqua saltellante fra i sassi, mormorìo dalle cadenze soavi, eppure solenni in mezzo a quel profondo silenzio.

A mezza costa una vaga prospettiva attirò gli sguardi di Editta. Era una casetta piccina, semplice, pulita, sorgente come una driade fra i boschi ombrosi e cinta di una zona di oleandri fioriti che l’adornavano di un velo rosa. I tegoli del tetto nuovi, luccicavano al sole, e una intera famiglia di colombi, rincorrendosi sul cornicione, s’appollaiava tra i rami dell’edera che saliva altissima ad abbracciare i muri.

Un’arte rusticana e primitiva, scientemente