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166 | Parte quarta. |
e si pose a fare tanti piccoli buchi nella cenere quanti erano i giorni trascorsi dalla morte di Rachele.
— Perchè — domandava intanto Giovanni, tenendo stretta fra le sue la manina di Editta — perchè non mi ha detto prima che questi versi le piacevano?
— Perchè... credevo di farle dispiacere.
— In che modo?
— So che non ama la poesia!
Giovanni si morse le labbra.
— Non è vero; la apprezzo per quello che vale, ma vale meno della prosa... di quella che chiamano prosa — soggiunse ridendo. La poesia è l’amante dei quindici anni; la prosa è la compagna della vita; vorrà ella darmi torto se le serbo la parte migliore di me?... E poi, in fondo, non è forse che una quistione di parole; io spero dimostrarle a poco a poco che sono poeticissimo.
— Ooh! — fece Editta con una smorfiettina incredula.
— No, nevvero? Perchè porto la casacca alla montanara e fumo nella pipa? Perchè allevo galline e colombi? Perchè vivo in mezzo ai contadini? Perchè lavoro terra? Ma mi dica un