Pagina:Neera - Un romanzo, Brigola, Milano, 1877.djvu/168

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— Cara sposina, anzi cara fanciulla, perchè è così che io la conobbi — permetta a me, vecchia e pratica di questo cattivo mondaccio, di farle un po’ da confessore. Venga qui — metta una mano sul mio cuore, e, vero come sono una donna onesta, le giuro che le ho sempre voluto bene, che l’ho compianta, che ho desiderato cento volte di esserle amica per correre da lei ad asciugarle le lagrime.

— Ma, dunque sa?....

— Eh! — lo sanno tutti. È stata sfortunata, poverina, proprio, non meritava! E adesso, la mi dica un po’, cosa conta di fare?

— La sua schietta cordialità mi ispira fiducia; le dirò francamente che voglio dividermi da mio marito — che egli stesso lo desidera, poichè infine, non ci resta altro partito.

Pronunciando queste parole la voce di Giulia era commossa; la signora Chiara le fece coraggio colla sua facile e persuasiva eloquenza, tanto che Giulia proseguì nelle sue confidenze, non ommettendo di parlare della camera — prima occasione di quel fortunato incontro.