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Una giovinezza del secolo XIX 163


i giardini e là, accoccolata accanto ai ferri del balconcino, lasciavo errare lo sguardo sulle sale aperte di un appartamento signorile, dove uno sciame di fanciulle ridenti scherzavano con alcuni giovani amici sotto gli occhi carezzevoli delle madri, con quella sicurezza di gesti e di parole, colla libertà di movimenti e la fede in sè e la gioia di vivere, quale hanno solamente le fanciulle che si sentono amate. In altre stanze vedevo persone che si adornavano per il passeggio, donne davanti allo specchio, uomini che leggevano il giornale sdraiati nelle poltroncine, fumando. Poco a poco le abitazioni si facevano deserte, la frescura della sera attirava fuori, al largo, ai concerti delle piazze; la vita notturna si sovrapponeva alla vita giornaliera. Alle finestre apparivano e sparivano lumi, vagolavano ombre incerte, ondeggiavano ventagli, fluttuavano gonne. La brezza faceva dondolare nappe di coltroncini, veli di culla e nella penombra luccicava la sponda nitida di un letto, la maiolica fiorata di un lavabo; dolci intimità di alcova che si abbandonavano alle tenebre nascenti diffondendo nell’aria un profumo sottile di voluttà. Oltre i tetti, tra le sagome dei fumaioli, altri bagliori di lucerne invisibili, note di cembalo, trilli di canzoni, un nome, un grido, allargavano la cerchia