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38 Una giovinezza del secolo XIX


Poi mi fermavo dinanzi al paracamino dove era dipinta una montagna con un ciuffetto di fumo sulla cima e scritto sotto: Etna o Mongibello. Dall’Etna o Mongibello passavo alla rivista dei ninnoli rinchiusi dietro i vetri di uno di quei mobili che si chiamano étagéres, con un vocabolo francese che non saprei in qual modo sostituire, e finalmente prendevo fiato accanto ad un grazioso Arlecchino alto come me - ma io ero in ginocchio - ricamato a punto croce con una mascherina nera attraverso i cui fori brillavano gli occhietti di vetro. Vestito di verde di rosso e di giallo, con una stecca nel dorso che lo teneva ritto, brandendo la minacciosa spatola di legno, egli faceva la guardia all’uscio vegliando quando era chiuso e tenendolo aperto quando occorreva, contro la forza del vento.

Sollevandomi dal mio viaggio terra a terra, contemplavo il più bell’ornamento di quella sala, i ritratti a olio del nonno e della nonna, opera del pittore Moriggia che della nostra famiglia era amicissimo. Giovanni Moriggia, gloria di Caravaggio, che fu già culla di altri pittori celebri, ebbe l’onore di affrescare la cupola del grande Santuario coi relativi pennacchi rappresentanti le quattro virtù cardinali Giustizia, Fortezza, Prudenza, Tem-