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Una giovinezza del secolo XIX 55


Staccandomi dai miei coetanei mi accadeva di rimanere più a lungo in compagnia della zia Claudia e delle persone che venivano a visitarla. Era difficile che qualcuno passasse dinanzi alla porta aperta, alle sedie allineate ed alla vigilanza della zia, senza entrare per poco o per molto a scambiar le reciproche idee sugli ultimi avvenimenti del paese. La zia Claudia mi voleva anche lei molto bene, mi chiamava la sua nipote prediletta e mi parlava come ad una persona grande, privilegio lusinghiero per i miei gusti di fanciulla assennata.

Frequentava la casa anche uno dei nipoti maggiori (ve n’erano di tutte le età). Questo di cui voglio parlare, un giovinetto, sui sedici anni, pallido, delicato, di temperamento dolcissimo, mi si era affezionato in un modo che, data la differenza dell’età, appariva singolare. Diceva che quando fossi più grande mi avrebbe sposata; lo diceva alla zia, lo diceva, a me; la zia abbozzava un sorriso, io non rispondevo nulla perchè era come se mi avesse detto: Fra qualche anno parleremo arabo insieme. Durante una delle ultime vacanze che passai a Caravaggio venne fuori una milanese, una ragazza che fece subito impressione per la disinvoltura piuttosto sguaiata colla quale si acca-