Pagina:Neera - Una passione, Milano, Treves, 1910.djvu/10

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— Terrò nota della definizione, domandandone scusa preventivamente alle milanesi moderne.

Sboccarono intanto dalla Galleria sotto i Portici e la massa imponente del Duomo li arrestò di nuovo.

— È fantastico, ed è insieme di una realtà palpitante! Finchè vi resterà questa meraviglia Milano sarà sempre dei milanesi.

La frase era un po’ vaga, ma l’intenzione appariva gentile è l’altro ringraziò con un sorriso. Gli venne bensì in mente una questione dolorosa che poteva rinchiudersi in due parole: resterà così? Ma le due parole non le disse perchè non aveva voglia di incominciare un discorso sull’arte in quel momento. Si contentò di guardare intensamente le merlature bianche, di un bianco gelido sotto i raggi della luna invernale, quasi ricami di neve fioriti sui bruni pilastri contro i quali veniva a frangersi ed a morire l’effimera vita dei Portici colle sue innumeri fiammelle di luce elettrica, coll’onda della folla dolcemente eccitata nel piacevole lavorìo della digestione.

Guardò il suo bel Duomo, come soleva far sempre senza parlare. Solamente quando furono all’ultima arcata dei Portici rallentò il passo, senza togliere gli occhi da quella meravigliosa cosa che è il fianco del Duomo, parete intermedia fra la terra e il cielo, slancio del pensiero che inceppato dalla creta la sforza per innalzarsi a raggiungere il sogno.