Pagina:Neera - Una passione, Milano, Treves, 1910.djvu/122

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ella aveva risposto: «La aspettavo». E poi si erano accostati al parapetto guardando insieme la massa bruna degli alberi, mormorando ancora, tratto tratto, qualche parola che non era quella che volevano dire, nè quella che avrebbero desiderato di ascoltare, nè alcuna delle parole segrete e ardenti che salivano da quel cantuccio romantico della vecchia Milano tutto pieno di ricordi passionali. Le lettere scambiate non permettevano loro di considerarsi quali stranieri; erano anzi esse che li legavano con una sottile catena di ricordi, di confidenze, di espansioni; eppure si conoscevano così poco che stavano a guardarsi, al dubbio riverbero delle lampade, nella stessa guisa che lo scopritore di tesori esamina un monile ritrovato.

— Possibile! Possibile! — gridava esultante il cuore di Ippolito violentemente compresso dalla sua mano, mentre colle pupille velate dalla commozione prendeva conoscenza delle mirabili bellezze di Lilia.

— Amico mio — ella disse a un tratto posandogli sul braccio l’estremità delle dita — noi siamo fuori dell’ordine. La nostra relazione è troppo singolare perchè ci sia permesso di trattarla co’ modi soliti. Avremo molto da perdonarci l’un l’altro... Vuole?

Ippolito, turbatissimo, si sarebbe gettato ai piedi della divina creatura con un improvviso