Pagina:Neera - Una passione, Milano, Treves, 1910.djvu/201

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Lilia abbozzò il sorriso indulgente che hanno le donne quando gli uomini pronunciano una parola del loro dizionario femminile.

Anche questi piccoli incidenti vestivano agli occhi dei due felici un sapore misterioso, come se tutto ciò che dicessero o facessero avesse un legame invisibile col desiderio unico che li infiammava e come se ogni sillaba, per quanto apparentemente insignificante, perchè pronunciata da quelle labbra, e per ciò solo, volesse dire: amore.

— Oh! il delizioso boschetto! — esclamò Lilia penetrando sotto la fitta vôlta di fronde dove la luce stessa appariva verde e dove dondolavano, pendenti, i rosei boccioli delle rose dischiusi a guisa di lampade discrete nel loro dolce colore di fiamma coperta da un velo.

L’ammirazione di Ippolito restò muta. Egli trasse un lungo respiro in cui parvero filtrare tutte le voluttà della terra.

Una rosa più sporgente delle altre sfiorò la fronte del giovane, lasciandogli una lieve incisione di spina. Nell’allontanarla con la mano Ippolito sentì distintamente una voce dentro di sè che diceva: «Io sono colei che punge». Si toccò la fronte e vide una stilla di sangue; ma nel medesimo tempo la bocca di Lilia appoggiavasi molle e tenace sulla ferita e tutto ciò che era senso di realtà sparve dai suoi occhi. L’ebbrez-