Pagina:Neera - Una passione, Milano, Treves, 1910.djvu/280

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bassissime, simili a sospiri, simili a lagrime cadute sugli avorî che ne rimanevano appena scossi.

— Ippolito!

Il caro nome le era sfuggito dalle labbra mentre appoggiata al davanzale ascoltava avidamente. In tutto il tempo che si trovavano alla villa mai Ippolito aveva toccato il piano. Nessun pensiero, nessun desiderio che non fosse quello del loro amore lo aveva tentato mai. Ed ora quale angelo lo guidava alle soglie dell’armonia perchè egli vi sfogasse tutto il suo pianto? Ecco, ecco. Veniva lento, proprio come se rare gocce sforzassero le porte chiuse delle palpebre irrigando di scarso umore la carne bruciata dalla gran passione. Che soavità, che freschezza in quelle prime lagrime! Quale giovanile trasparenza di rugiada! E crescevano fitte, sempre più fitte, dilagando con uno scrosciare di cateratta dove tutti i gridi della terra sembravano trovare un’eco. L’improvvisazione era viva, calda; vi scorreva dentro a guisa di filo d’oro una vena di dolcezza incomparabile, come una preghiera che si levasse dalla vittima sofferente per il suo carnefice, come una parola d’amore ancora in mezzo ai muggiti della disperazione. Era ben quella l’anima di Ippolito soave e ardente, tenera e generosa, la sua forte, la sua grande anima di artista!