Pagina:Neera - Una passione, Milano, Treves, 1910.djvu/62

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Fu la sua prima malattia: il morbillo. Otto giorni eterni sotto le coltri, quasi sempre solo, in una camera immensa, grande appunto come il cantinone sottostante, ma nella quale era prigioniero e dove la servetta non entrava che raramente, accompagnando Rosalba con un brodo panato o con un bicchiere di acqua o magnesia che ella scuoteva invano vertiginosamente col cucchiaino senza riuscire a fargli perdere quel sapore di terra che gli rimaneva poi a lungo nelle fauci, ritornello monotono della malattia.

Ma anche a quel periodo triste o noioso Ippolito collegava una rimembranza simpatica. La grande camera dove avevano messo per sbarazzo il suo letticciuolo accoglieva tutti i mobili inutili della casa: canterani panciuti a larghe maniglie di metallo, scrivanie complicate a piani moventi, armadietti fitti di cassettini tanto misteriosi quanto inutili, specchiere arruginite, sedie zoppe, sopratutto una quantità di pendole, sveglie ed orologi d’ogni genere — antica mania di Romolo, il quale si era piccato un tempo di sorpassare Carlo V nel regolarli tutti sopra una medesima ora, e che poi se ne era stancato e veniva oramai di rado a caricare solo i più importanti.

In questo ospedale di pendole ve n’erano di curiosissime; dall’antico cucù allungato in mez-