Pagina:Neera - Una passione, Milano, Treves, 1910.djvu/70

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Nel rivedere Bergamo, dopo le iniziazioni di Firenze e di Roma, Ippolito comprese per la prima volta quanto fosse bella la sua città. Arrivando tutte le mattine a piedi dal cascinale, la vaghissima gli sorrideva dall’alto del colle, protendendo le braccia quasi ad un amplesso; ed era così luminosa, nella cornice verde dei bastioni, colle sue torri antiche, coi pensili giardini, che egli si domandava come mai non se ne fosse accorto negli anni addietro. Andava pure a rivedere i monumenti e le chiese con animo nuovo, cercando di rivivere in quel passato medioevale che appare in alcuni punti con una straordinaria potenza di suggestione, presente ancora nei neri palazzi e in certe viuzze solitarie fiancheggiate da conventi, in certi muri nerastri incrostati di affreschi, a cui il tempo ha conferito vaghi contorni di apparizione. Santa Maria Maggiore lo accoglieva in occasione delle feste solenni, quando l’organo suonava a distesa sotto le volte magnifiche illustrate da Luca Giordano, tra l’oro pallido dei capitelli. Egli andava a collocarsi di fianco al grande arazzo centrale in vista del monumento di Donizetti e lasciava che la sua fantasia si imbevesse della solenne poesia del tempio.

Mille visioni gli ondeggiavano allora nella mente, visioni di gloria e d’amore, confuse insieme in un grande barbaglio di luce, dove i