Pagina:Negri - Fatalità, 1895.djvu/94

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72 Popolana

Io l’amo; — egli è il signor della fucina,
          Egli è il re del martello:
Alto, robusto, nerboruto e bello,
16A lui dappresso sembro una bambina.

Quand’egli batte il ferro arroventato
          Dinanzi alla fornace,
E sul volto ha i riflessi della brace,
20E s’inturgida il collo denudato,

Io m’esalto per lui tutta d’orgoglio,
          E per lui tutto oblìo;
Il mio demone egli è come il mio Dio,
24E per me sola, per me sola il voglio!....

E s’io l’attendo ne la mia soffitta,
          E l’ora è già trascorsa,
Mi si strozza il respir dentro una morsa,
28E mi sento qui al sen come una fitta:

Ma un passo già risuona sulle scale....
          Già l’uscio si spalanca....
La mano trema e il labbro mi s’imbianca,
32Ma per corrergli incontro ho ai piedi l’ale....