Pagina:Negri - Le solitarie,1917.djvu/113

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il crimine 107


rola che la feriva a sangue prima d’uscire; poi sillabò, rauca:

— Ciò che temevo è vero. Dubitare non posso più.

Un silenzio seguì, pieno di cose non dette: durante il quale i due volti fissi l’uno nell’altro ebbero lo stesso color cinereo, la stessa immobilità.

— Che debbo fare?... Mia suocera se ne accorgerà, ben presto. Giacomo torna da Buenos Aires fra quattro mesi. Se tu non mi aiuti, io fuggirò, chi sa dove!... prima che lei mi svergogni, prima che lui mi ammazzi. Che debbo fare?... dimmelo tu....

— Ne sei proprio sicura?... — balbettò il giovine. E parve rimpicciolito, con lo sguardo incerto e sfuggente di chi respinga una responsabilità che lo spaventi. Cristiana lo affrontò, lo investì, amara, violenta.

— Verrei forse a raccontarti questo, se non ne fossi sicura?... Ascoltami, rispondimi. Mi hai pur detto tu, me l’hai detto tante volte, che mi volevi bene. Dunque.... è adesso, vedi, che me lo devi provare. Tu sei buon meccanico, io non mi stanco al telaio. In Francia, in Svizzera, in America, dove ti pare. Ti è