Pagina:Negri - Le solitarie,1917.djvu/121

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il crimine 115


La mattina del giorno dipoi la trovò smaniosa, febbrile, dopo una notte trascorsa fra brevi assopimenti lacerati da incubi, e risvegli improvvisi seguiti da ore di lucida insonnia. Onde impetuose di sangue le si avventavano a tratti dal grembo al cervello, lasciandole il cuore vuoto, naufragante in un languore di morte. A tratti, anche, un lancinante dolore le trafiggeva le reni; e pareva le portasse via brandelli di visceri.

Sentiva che un’agonia avveniva in lei, d’un altro essere in lei vivente. E, sentendoselo morir dentro così, cominciava a capire, ad amarlo, a spaventarsi di ciò che aveva commesso. Un mostruoso fatto stava accadendo, per sua volontà. Dalle radici della disumana sofferenza saliva un odio veemente contro l’uomo che se ne stava in quei momenti tranquillo, senza pensieri, senza rimorsi, senza che alcuno potesse fargli del male; mentr’ella, e chi si spegneva in lei, portavan soli il peso dell’amore, dell’errore, del delitto.