Pagina:Negri - Le solitarie,1917.djvu/127

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il crimine 121


Fece qualche domanda, udì qualche parola, comprese, sospirò, accorse.

Esperta di mali femminili, figlia d’una levatrice, e, per lunga umile pratica, più chiaroveggente, talvolta, d’un medico, non v’era inferma in paese ch’ella non avesse assistita. Vide subito di che si trattava: vide che Cristiana spirava nel proprio sangue. Con voce breve ordinò: — Acqua bollente!... poi, ghiaccio.

E si mise, con precisi ma leggerissimi movimenti, intorno alla disgraziata.

Mina, la custode, la seguiva come un’ombra, aiutandola trepidamente, con cordiali, garza, tamponi d’ovatta; e aveva l’aria d’una monaca nel suo pallore clorotico di magra zitella spaurita, scandalizzata, ma mite d’animo e pronta agli atti della pietà.

Quella vecchiaccia!... Secondina Cappio aveva veduta, il mattino avanti, la bella donna uscir dalla tana della cagna malvagia; e avrebbe giurato su Cristo che l’assassinio partiva di lì. Ella — ed altri con lei — conoscevan bene l’immondo traffico clandestino; ma nessuno, in quel paese industriale dove uomini e donne, di giorno e di notte, vivevan nelle