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Gelosia 171


tranquilla e soddisfatta del mondo. C’est pour le parterre, ça, voyons!...

La donna che mi parlava così, sull’alta terrazza d’un albergo del Dolder, in faccia alla verde conca di Zurigo attraversata dai brividi d’oro della Limmat e del Silhs, mi piaceva per la tendenza del suo spirito al paradosso, e per la voce ironica, tagliente, con la quale demoliva, in quattro e quattr’otto, ogni questione di sentimento. Mi piaceva, m’inquietava e m’incuriosiva. Una cinica, o una disillusa?... Non riuscivo bene a comprenderlo.

Ella trasse dall’inseparabile borsetta a sacco, di cuoio fulvo impresso a croci greche d’oro, un foglietto di carta giapponese e un pizzico di tabacco biondo: arrotolò agilmente una sigaretta e me l’offerse per consuetudine, senza stupirsi del mio solito gesto di rifiuto: l’accese, e si mise a fumare, socchiudendo le ciglia.

Per me era ancora un enigma. Stava all’albergo da un mese: nessuno sapeva con precisione donde venisse. Non più giovine, non ancor vecchia, sostava in quel bizzarro periodo, turbato e turbatore, nel quale la donna può apparir vecchia e giovine, a lampi.