Pagina:Negri - Le solitarie,1917.djvu/275

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mobili, dove, tolte le ore di scuola, viveva attendendo il ritorno della madre dall’opificio.

La solitudine si animava per lei d’immagini, di figurazioni vivissime: era più vibrante, più parlante d’una folla. Due vecchie incisioni ingiallite pendevan da una parete, con la loro brava scritta in caratteri gotici: “Condanna e Fuga di Felice Orsini„. Nella vagabonda fantasia della fanciulla la storia del carbonaro s’arricchiva di cento particolari, camminava parallela ad altre bizzarre storie di congiure, di condanne, di fughe, di patiboli.

Ed ella sarebbe rimasta a sognare fino al crepuscolo, se due fresche voci non l’avessero chiamata dal giardino:

— Veronetta!... Vieni dunque a giocare!...

Eran le due figliuole del padron di casa, Nanna e Ninna.

Il grembialone bianco, a foggia di tunica sciolta, che esse portavano in casa, non differiva molto, nella forma, da quello grigio, a quadratini, di Veronetta. Tutt’e tre avevan liberi i capelli sulle spalle: magnifiche chiome odorose ancor d’infanzia, formanti un accordo di tinte e di morbidezze diverse: nere e lisce in Nanna, castane e piene d’aria in Ninna, ros-