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dere tale grandezza, in luogo di abbandonarsi in terra a piangere lagrime vane: d’esser rimasta diritta, lucida, a tu per tu con la morte: d’aver trattato il dolore da pari a pari.

Scacciò, come indegno, il timor della solitudine, lo sgomento di rimaner nel mondo senza un parente, senza una protezione, povera in canna. Continuare la scuola, impossibile. Ripeteva il corso: non meritava il sussidio. Ma non gliene importava nulla, e non cercava di comprenderne il perchè. Era libera. Aveva se stessa. Viveva un’ora sublime, accanto ad una morta che la sentiva, quantunque più rigida della pietra.

Una forza enorme, il cui annuncio ella aveva già altre volte, ma non così potentemente, avvertito, le accelerava i moti del sangue, le toglieva il senso d’essere circoscritta alla robusta magrezza del proprio corpo. Stavano in quella forza le sue armi per l’esistenza. La madre, non potendo altro, gliel’aveva lasciata in eredità.

Accolse in sè, penetrò di sè, perdutamente, le forme che la circondavano e la loro misteriosa bellezza e la loro intima ragione: la fiamma pregante della candela, il cadavere im-