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chi le chiedeva come si sentisse, rispondeva, aprendo di scatto la bocca ad un largo sorriso, suscitato dal tocco d’una molla interna:

— Io?... Benissimo.

Ma lo splendore dei denti spariva dietro le labbra subito risigillate.

Dei Savelli più nulla si sapeva, e nessuno più in casa ne parlava. A intervalli regolari giungevano appassionate lettere da Vienna, del barone di Löwenthal: due, tre insieme, talvolta: a più radi intervalli partivano per Vienna lettere di donna Augusta, brevi, quasi infantili, infiorate di qualche sgrammaticatura, simili a compitini di scuola.

Così trascorsero, alcuni mesi. Ma la cameriera di donna Augusta, aiutandola a vestirsi il mattino, a svestirsi la sera, cominciò a dirle con sommesso rispetto, che a fatica nascondeva un’inquieta pietà:

— Contessina, bisogna far allargare le cinture degli abiti. Diventiamo grasse, lo sa?..

Al che donna Augusta invariabilmente rispondeva, senza guardarla: