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174 Stella mattutina ::

per donne come noi, avvezze al latte e alla minestra, ce n’è fin troppo.

— E tu, mamma, tutta sola?...

— Io?... Non ci pensare. Va, benedetta.

Ed eccola in treno per Pandino.

Quante mosche!... E che peso di afa!... Il trenino procede a stento, tutto sbalzi e scossoni: nello scompartimento di terza classe, sozzo di cartacce e di detriti, pochi villici male odoranti discorron fra loro di mucche e di raccolti, masticando tabacco e scaracchiando in libertà: una popolana in un angolo allatta il suo bambino, con le palpebre chiuse sotto l’oppressione della calura; e gocce di sudore sporco le colano lungo l’incavo dei seni. Zia Nunzia è pronta al cancello della stazioncina del borgo: aguzza gli occhietti, ride da tutte le rughe, stende le braccia. È piccola, rotonda, bonaria; ma perchè tante rughe?... Il suo largo viso è un crivello. Richiama, invecchiato, il viso del «marito della mamma», riprodotto nell’unico ritrattino (un dagherrotipo) che in casa si conserva; ma la nipote si sforza