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:: Stella mattutina 179

pare che quale una massa d’ombra, rotta qua e là da grigi fantasmi di casolari; e pure la sente fradicia di guazza, tutta fresca e pronta per la nuova giornata.

La terra. Che dà il pane. Eccola lì. La possiede con gli occhi. Può discendere, toccarla, abbracciarla, scomparirvi. Una cosa sola con essa, vivente e fermentante.

Così, ancor bambina, ella udì in un’alba di primavera parlare il Giardino del Tempo; e ne comprese il linguaggio; e, vedendo i cirri del mattino camminare per l’aria dandosi la mano, s’accorse che il cielo era in lei, come lei nel cielo. Sensazione d’eternità, che ora si ripete: verità essenziale, esser viva, viva e presente: in lontananze senza limiti sprofonda l’infanzia, a orizzonti senza limiti s’affaccia la giovinezza. Il suo respiro sale dalle umide profondità della terra per dilatarsi fino a quella stella ch’è rimasta ultima incontro al giorno. — Sono io, son qui — ella pensa, riconoscendosi nello spazio come in uno specchio. Lavorare?... Per esser degna di vivere?... Benissimo.