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intende logorarsi in un opificio come la madre, o divenir serva di signori in gioventù e portinaia in vecchiezza, come la nonna.

Ora che è quasi una giovinetta, si sente diventar di brace, poi del color dell’erba, quando deve aprire il cancello grande alla carrozza dei padroni di casa, che tornano dalla passeggiata del pomeriggio; e inghiotte acido e respira male, quando deve portar le lettere o far qualche commissione. Non invidia il lusso delle sale padronali: non le guarda nemmeno. Nè le fanno gola gli squisiti mangiari, tanto l’abito della sobrietà s’è fatto natura in lei.

Solo, non vuol servire.

Quella portineria!... Odiosa, con la bianca invetriata a smeriglio verso la strada, e il doppio uscio a cristalli trasparenti verso il porticato interno. Odiosa, con il campanello che squilla ad ogni entrar di persona; e bisogna rispondere: — Sì, no, i padroni ci sono, non ci sono.

E il giorno di ricevimento, con tutti quegli equipaggi alla porta, e tutte quelle signore fruscianti in seta e velluto, che la guardano dal-