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quel che voglia costare, sapendo che si tratta di vita o di morte. Dice il direttore generale: — Ah, se tutti qui fossero come Vittoria!...

È un bene? è un male?... Ella dà di sè, per poco più di nulla, ciò che darebbe una collaboratrice.

Non lo è, forse, una collaboratrice?... e allora, perchè è pagata così poco?... Glielo chiede, la figlia: le risponde: — Eh, piccola mia, il mondo è così!...

Penetra, la figlia, attraverso le confidenze materne, in un groviglio d’uomini, d’interessi, di passioni. Conosce tutti gli impiegati: la faccia itterica e la superbia di Mompalao, che non condona una multa: la grossa bonarietà di Consonni, che la domenica va a bere all’osteria con i capi-reparto, e per questo è tenuto d’occhio dai padroni, e le radici nella fabbrica, purtroppo, non le metterà: il rigore e la grinta da poliziotto di Ranalli, l’incaricato della visita alle tasche, nell’ora d’uscita; e certo nessuno potrebbe compiere tale schifoso ufficio meglio di lui, che ha fatto cacciar la Rosalinda, mamma di quattro bimbi,