Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
in [83] cammera, dimolto ricca e comoda, ce lo menorno quegli animali, e lassatolo dientro, chiusano la bussola. A dire il vero, abbeneché Antonio nun fusse punto pauroso, nunistante 'gli era imbrogliato a bono di trovarsi in quel palazzo con tutte quelle bestie, e nun sapeva come sarebb'ita finire; in ugni mo', siccome si sentiva allaccato morto dal tanto camminare, si fece un animo, si spogliò e si mettiede a letto, e poi sarà quel che sarà; e in un mumento 'gli era di già addormito. Ma in sul più bello del su' sonno deccoti sente una voce che lo chiama: lui si sveglia, spalanca gli occhi e nun vede nissuno, perché il lume l'aveva spento. Allora bocia: - Chi è che mi chiama? Dice la voce: - Antonio, che sie' vienuto a far qui? E lui per filo e per segno racconta a quella voce tutt'i su' casi e la ragione, perché si trovava fora di casa. Dice la voce: - Se tu acconsenti di sposar me, Antonio, il regalo più bello e più raro e' ci sarà per il Re, e tu avra' anco 'l regno. Arrispose Antonio: - Io per me nun ci fo difficoltà. I' vi sposo quando vo' volete. - Bene! - dice la voce. - Domani a giorno tu troverai sul cassettone delle lettere; pigliale e 'n sulla porta del palazzo dàlle a chi sta a aspettarle. Antonio si leva la mattina e delle lettere sul cassettone ce n'era un catafascio. Lui le piglia e va giù, e alla porta deccoti Dio sa quante ma' scimmie; le consegna a loro le lettere e loro le portano al babbo d'Antonio, perché la soprascritta diceva a quel mo', e dientro si faceva assapere al Re addove fusse 'l su' figliolo, che di salute nun aveva mancamento, e che lui cercava moglie. Quelle scimmie restorno alloggiate in nella città reale. La notte doppo, in quel mentre che Antonio dormiva, la solita voce lo sveglia: - Antonio, sie' tu sempre del medesimo sentimento? E lui: - Ma sicuro ch'i' sono. - Bene! - dice la voce. - Domani tu manderai al babbo anco quest'altre lettere. E la mattina Antonio pigliò quel mucchio di lettere e le diede alle scimmie, che le portorno diviato al Re, con le bone nove del su' figliolo; e anco queste scimmie rimasano a alloggio in nella città reale. Il Re però a quello spettacolo badava a dire: - Oh! che farò io di tutte queste bestie? Orora e' m'han pienato la città. [84]