Pagina:Nerucci - Sessanta novelle popolari montalesi.djvu/144

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127] attraverso 'l tetto. Nun sapeva lui quel che si pensare. Guarda d'attorno e s'accorge che nun è la su' cammera del palazzo reale, sicché addimanda alla moglie: - Grisèlda, che lavoro è egli questo? Oh! addove no' siemo? Dice Grisèlda: - Sua Maestà nun mi disse che dovevo arritornarmene a casa mia? Deccomi, ci sono. Nun mi disse che portassi pur con meco la cosa che più mi garbava nel palazzo? Siccome la cosa che più mi garba è Sua Maestà, accosì i' ho porto con meco qui anco lei. I' l'ho obbedita appuntino in tutti i su' ordini. Dice il Re: - Tu sie' propio una donna a modo, Grisèlda. Il mammalucco son io, che fo anco dell'ingiustizie. Via, leviamoci e torniamo al palazzo, e da qui 'nnanzi i' ti vo' sempre a dire i tu' pareri e a sentenziare con meco al tribunale. Allora si levorno e se n'andiedano diviato al palazzo reale, e la Regina deva i su' pareri e le sentenzie come da prima, e tutto il popolo fu dimolto contento. E accosì que' dua camporno lungo tempo, e

Se ne stettano e se la godettano, E a me nulla mi dettano.