Pagina:Nerucci - Sessanta novelle popolari montalesi.djvu/19

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ciate e di colore aocchiato. Guarda di qua guarda di là, nun pareva che per quel logo ci fussi anima viva per chiedergli una rosa o col pagare, oppuramente in regalo; sicchè, il pover’omo, insenza pensarci su più che tanto, allungata una mana in verso il cespuglio, abbrancò una rosa e la cogliette per la su’ Zelinda.

Misericordia! a mala pena che lui ’gli ebbe stacco il fiore dal gambo, nascette un gran fracasso e scaturirno valampole dal terreno, e a un tratto sbucò fori un Mostro terribile con la ficura di dragone, e fistiava a tutto potere, e scramò, iscurruccito a bono contro quel povero Cristiano: — “Temerario! che ha’ tu fatto? Ora ti tocca a morire subbito, chè tu ha’ avuto l’arditezza di brancicare e sciupinarmi la mi’ pianta di rose.” — Il pover’omo, morto più che mezzo dalla paura, si messe a piagnere e a raccomandarsi in ginocchioni, chiedendo perdono dello sbaglio commesso, e si diede a fare tutto il racconto del perchè lui aveva colto quella rosa; e poi diceva: — Lassatemi andar via: i’ ho la famiglia, e se manco io, per lei è finita e va in perdizione. Ma il Mostro, incattivito più che mai, gli arrispose: — “Senti, uno ’gli ha da morire. O portami la ragazza che volse la rosa, o insennonnò i’ t’ammazzo in questo vero mumento.” — E nun ci fu versi di persuaderlo nè con le preghiere, nè co’ pianti; chè il Mostro stiede fermo nella su’ sentenzia, e nun lassò andar via quel pover’omo, se prima lui nun gli ebbe promesso con giuramento di menargli lì nel giardino la su’ figliola Zelinda.

Figuratevi con che po’ di core quel pover’omo rinentrò in casa sua! Lui diede i regali compri alle su’ figliole più grandi, e anco la rosa alla Zelinda; ma ’gli aveva un viso istravolto e bianco come un morto iscaturito dalla sepoltura, sicchè le ragazze tutte impaurite gli domandorno quel che era stato e se gli era intravvenuto qualche disgrazia. Dagli e ridagli, finalmente il pover’omo piagnendo a calde lacrime si messe a ridire le su’ disgrazie di quel malauguroso viaggio e a che patto infine lui era potuto ritornare a casa: — “Insomma” — scramò — “ci bisognerà esser mangiati vivi, o io o la Zelinda, dal Mostro.” — Allora sì che le altre due sorelle scaricorono la sacca in sulla Zelinda. — “Bada lì” — dicevano loro — “la smorfiosa, la capricciosa! Lei, lei anderà dal Mostro! Lei che ha volsuto la rosa di