Pagina:Nerucci - Sessanta novelle popolari montalesi.djvu/512

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495] sapere che a qualche passo distante tra gli alberi in quel logo ci abitava un Romito dientro una grotta, che a male brighe sparita la Regina sortì pian piano, e preso l'anello dalla faccia di Fiordinando arritornò alla cheta nel su' nascondiglio. Doppo un bel pezzo Fiordinando si risveglia per il primo, e a sono di tentennoni fece aprire gli occhi anco al su' ministro; e già era buio. Loro diedano la colpa di quel sonno al vino nero troppo gagliardo, e siccome nun s'erano accorti di quel che successe in nel mentre che dormivano, gli rincresceva d'aver perso il su' tempo 'nsenza essersi abbattuti nella Regina. Il secondo giorno dice l'oste: - Oggi come lo gradiscono il vino, nero o bianco. - No, no, - scranna Fiordinando, - daccelo bianco, che nun sarà tanto forte. Ma l'oste, birbone, gli alloppiò anco il vino bianco, sicché al solito que' dua s'appiopporno in sul prato, e alla Regina del Portogallo nun gli rinuscì destare Fiordinando in nissun modo; e allora mezzo disperata, gli mettiede in sulla faccia una ciocca de' su' capelli e foggì via. Il Romito che steva a vedere dalla grotta pigliò anco i capelli, e Fiordinando e il ministro svegliati a notte scura nun s'erano accorti di nulla. Fiordinando nun capiva come mai gli succedeva sempre questa disgrazia d'addormirsi, e quasimente si sarebbe rifatto con il su' ministro; gli deva noia il pensare che già aveva perso du' giorni inutili, e che quello doppo la Regina del Portogallo partiva per Pietroburgo 'nsenza che lui ci potessi discorrire. Fece giuro di nun bevere più vino; ma l'oste gli alloppiò 'n scambio 'l brodo della minestra. In ugni mo', arrivi al prato for di porta l'ultimo giorno, Fiordinando, che già si sentiva la testa pesa, tira di tasca du' terzette e le mostra al su' ministro: - Se te nun sta' sveglio a badarmi, queste sono per te. I' te le scarico nel cervello, va' franco. Doppo, che nun s'arreggeva più, si sdraiò lungo disteso morto di sonno. Il ministro, tra per la brama di servire 'l padrone, tra per la paura delle terzette, si sforzò a tutto potere di tienersi scionno; ma fu inutile, che alla fine gli si serrorno gli occhi e diacé accanto di Fiordinando appioppo propio per bene. Di lì a un po' deccoti la Regina: lei s'accosta e s'arrabinava a risedere Fiordinando ora con gli urli risvoltolandolo in sull'erba, e visto che nun gli [496] rinusciva,