Pagina:Nietzsche - La Nascita della Tragedia.djvu/247

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l’estetico e il critico 195


di vita. In effetto, l’artista rappresentativo non sapeva più come regolarsi davanti a un ascoltatore atteggiato a critico, e insieme col suo ispiratore, il drammaturgo o il melodrammaturgo, spiava ansiosamente gli estremi resti di vita in cotesto essere pretensiosamente arido e incapace di gusto e di godimento. Ma precisamente di critici di tal sorta era composto finora il pubblico: già l’indole stessa dell’educazione e i giornali predisponevano a una cosiffatta suscezione dell’opera d’arte, senza che se ne rendessero conto, lo studente, lo scolaro, perfino l’innocente giovinetta. Le più nobili nature di artisti, dato cotesto pubblico, facevano a fidanza sulla suscitazione delle energie morali-religiose, e revocazione dell’ordine morale del mondo» sopravveniva surrettiziamente al punto giusto, dove la vera e sola potenza del fascino artistico avrebbe dovuto rapire lo schietto ascoltatore. Oppure il drammaturgo rappresentava sulla scena una tendenza grandiosa o, almeno, passionale del momento politico e sociale, con tanta evidenza, che l’ascoltatore poteva uscire dalla sua aridità critica e abbandonarsi ai propri sentimenti come nelle ore patriottiche o guerresche, o come davanti alla solennità della tribuna parlamentare o davanti alla condanna del delitto e del vizio: che era uno straniarsi dai fini specifici dell’arte, il quale nell’un caso e nell’altro doveva condurre al culto della tendenza. Se non che, avvenne anche qui ciò che è avvenuto di tutte le arti affettate e infinte; cioè un precipitoso pervertimento di