Pagina:Nietzsche - La Nascita della Tragedia.djvu/44

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xlviii prefazione del traduttore


come il «mistero dell’universo», gli «arcani della Provvidenza», il «destino dell’uomo»: problemi insulsi perché inesistenti, ossia insulsaggini, mascherate di filosofica gravità.

E va, insieme, in fascio il bel tempio nietzschiano, col suo anticristo del principium individuationis, l’abnegante tripudiatore Dioniso. Il quale di greco ha naturalmente solo il nome pagano, tanto, all’opposto, come tra poco apparirà chiaro e lampante, è consustanziato di spirito cristiano. Nella mente del giovine filosofo-filologo, che ha «costruito» cotesto Dioniso coi frammenti delle vetuste favole asio-elleniche, in sostanza che cosa importa e rappresenta, che cosa significa Dioniso? Significa la volontà primigenia di esistere, l’istinto naturale incoercibile della vita, talmente forte ed ebbro, che l’individuo è travolto dal flutto della natura universa e vi si sommerge abnegato; ma cotesto istinto, emanando dall’essenza stessa della realtà, dall’attività stessa del principio primordiale, è, insieme, profonda sapienza e verace scienza, in quanto l’individuo sente e sa, che egli come individuo è transitorio e caduco, e che esiste unicamente per appagare con la sua apparizione e liberare con la sua scomparsa la brama della Volontà universale, tanto che per lui il piacere della vita s’identifica col dolore della morte, fusi l’uno e l’altro nell’estatica voluttà di liberarsi di sé stesso nel tutto, nel gaudio della liberazione. Dioniso è il dio simbolico, che rappresenta questo mondo esistente per liberarsene,