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Pagina:Nietzsche - La Nascita della Tragedia.djvu/58

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6 autocritica


seguale nell’andamento, insofferente di ordine logico, troppo compenetrato della sua idea e perciò noncurante di dimostrazione, diffidente anzi della convenienza della dimostrazione, un libro per gl’iniziati, quasi una musica per quelli che, battezzati alla musica, sono legati dal principio delle cose in poi a comuni e peregrine esperienze artistiche; quasi un segno di riconoscimento pei fratelli in artibus: un libro orgoglioso ed entusiastico che dal bel principio si tien lontano dalle « persone colte » anche più che dal « volgo »; ma che pure, come dimostrò e dimostra il suo successo, conosce abbastanza il segreto di cattivarsi i suoi fanatici, e di attrarli sulle sue scorciatoie e i suoi prati danzanti. Comunque (e se ne convenne con altrettanta curiosità che antipatia), parlava qui una voce estranea, il diletto di un « dio ignoto » ancora, il quale frattanto si celava sotto il berrettone del dotto, sotto la gravità e la disamenità dialettica del tedesco, perfino sotto la sgraziataggine del wagneriano: vi era un’anima agitata da esigenze strane, tuttora inesprimibili, una mente sforzata da quesiti, esperienze, segreti, su cui era scritto il nome di Dioniso più come un enimma che come una cognizione: qui parlava, come si veniva susurrando con sospetto, qualcosa come un’anima mistica e quasi di menade, che con stento, e pure spontaneamente, quasi titubando se effondersi o occultarsi, ciancicava, per così dire, in una gorgia forestiera. Avrebbe dovuto cantare quest’«anima nuova», non già parlare!