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Pagina:Nietzsche - La Nascita della Tragedia.djvu/64

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12 autocritica


mondo », in un « mondo migliore » 1. L’odio al « secolo », la maledizione agli affetti, l’orrore davanti alla bellezza e al senso, il cercare un « di là » per meglio denigrare il « di qua », che era in fondo un’aspirazione al nulla, alla fine, al riposo, insomma il «sabato dei sabati», tutto ciò, come pure l’assoluta volontà del cristianesimo di lasciare in piedi solamente i valori morali, mi è sempre apparso come la più pericolosa e sinistra forma tra tutte le possibili forme di una « volontà di distruzione », per lo meno come un segno della più profonda morbosità, stanchezza, abbattimento, estenuazione, immiserimento della vita. E questo, perché infatti davanti alla morale (particolarmente davanti alla cristiana, cioè la morale assoluta) la vita deve costantemente e inevitabilmente ricevere torto, essendo essa, la vita, qualcosa di essenzialmente amorale; la vita, insomma, deve essere compressa dal peso del disprezzo e dell’eterno Nulla, come indegna di desiderio, come immeritevole di essere sentita e goduta per sé. La stessa morale, come? la morale non sarebbe forse una « volontà di annientamento della vita », un segreto istinto di annullamento, un principio di corrompimento e menomamento e vilipendio, un principio della fine? E, per conseguenza, non sarebbe il pericolo dei pericoli? Il mio istinto, dunque, con questo libro discutibile si volse al-

  1. Fa pensare involontariamente al famoso Zu was Besserm sind wir geboren dello Schiller. (N. d. T.)