Pagina:Nietzsche - La Nascita della Tragedia.djvu/91

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la ingenuità 39


all’accezione artistica dal vocabolo ingenuo, non è minimamente uno stato tanto semplice e ingenuo, nato per sé stesso e, per così (lire, inevitabile, che dobbiamo per forza incontrarlo sulla soglia di ogni civiltà, come un paradiso del genere umano: a una cosa simile poteva prestarsi fede solo in un tempo, in cui si cercava di figurarsi l’Emilio di Rousseau anche come artista, e si fantasticava di aver trovato appunto in Omero cotesto Emilio artista, educato nel seno della natura. Invece, quando in arte ci viene incontro l’ingenuo, dobbiamo riconoscere in esso il più alto effetto della cultura apollinea: la quale ha sempre il cómpito di principiare con l’abbattere un regno di titani e uccidere mostri, e con potenti figurazioni fantastiche ed illusioni ardenti deve uscire vittoriosa dal formidabile abisso della nozione del mondo, e dell’inclinazione al dolore spinta alla massima eccitabilità. Ma quanto di rado è raggiunto l’ingenuo, è raggiunta l’ingenuità, la completa immedesimazione nella bellezza dell’immagine! Come è perciò ineffabilmente sublime Omero, che unico si attiene a quella cultura popolare apollinea, unico artista del sogno, che esprime la potenza del sogno propria del popolo e in generale della natura! La «ingenuità» bisogna intenderla puramente come la completa vittoria dell’illusione apollinea: ed è una di quelle illusioni, di cui fa uso tanto frequente la natura, per raggiungere i propri fini. 11 vero scopo è nascosto dietro un’immagine illusoria: noi le tendiamo le mani,