Pagina:Nietzsche - La volontà di potenza, 1922.djvu/167

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343. 4 Il giudizio — cioè la fede: « questo e questo è così ». Sta quindi nel giudizio la confessione di aver trovato un « caso iden- tico » : esso presuppone quindi il confronto, con l'aiuto della me- moria. Non è il giudizio il quale crea l'apparenza dell'esistenza di casi identici. Piuttosto esso crede di percepirli : lavora nella presup- posizione, che vi siano in generale casi identici. Come si chiama ora quella funzione, che deve agire molto prima, in precedenza, che eguaglia e assimila casi in sè diversi? Come si chiama quella seconda che su fondamento di questa prima, ecc. « Ciò che su- scita sensazioni eguali, è uguale » : ma come si chiama ciò che rende eguali le sensazioni, le assume come eguali? Non potrebbero esservi giudizi, se non venisse prima operata una sorta di assimilazione tra le sensazioni : la memoria è possibile solo con una costante accen- tuazione di ciò che è già abituale, vissuto — Prima che. venga pronunciato un giudizio, deve già esser stato compiuto il processo di assimilazione: anche qui precede quindi una attività intellettuale, che non cade nella co- scienza, come si verifica pel dolore in seguito ad una ferita. Verosi- milmente corrisponde a tutte le funzioni organiche un interno dive- nire, cioè un assimilare, separare, crescere, ecc. Essenzialmente: procedere dal corpo e utilizzarlo come guida. Il corpo è un fenomeno molto più ricco, che permette una più chiara osservazone. La fede nel corpo è assai meglio fondata, che la fede nello spirito. « Pei" quanto una cosa possa esser creduta fortemente, in ciò non vi è nessun criterio di verità ». Ma che cosa è la verità? Forse una specie di fede, che è diventata condizione di vita? Allora certamente la forza sarebbe un criterio, per es. rispetto alla cuisalità. 344. Soluzione fondamentale. — Noi crediamo nella ra- gione: ma questa è la filosofia dei grigi concetti. La lingua è costruita sui più ingenui pregiudizi. Noi troviamo delle disarmonie e dei problemi nelle cose, solo perchè pensiamo in forma linguistica e così crediamo air« eter- na verità» della « ragione» (per es. soggetto, predicato, ecc.). Noi cessiamo di pensare, se non vogliamo farlo nei lim'ti della lingua; e anche nel dubbio airiviamo qui a vedere un limite come limite.