Pagina:Nietzsche - La volontà di potenza, 1922.djvu/252

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I — 254 - cessiti interiore di fare delle cose, un riflesso della propria pienezza e della propria perfezione. 2) l'estrema acutezza di certi sensi; questi compren- dono un altro linguaggio di segni — e creano — è la stessa acutezza che sembra essere unita a certe malattie nervose — ; l'estrema mobi- lità da cui nasce un'estrema espansione: il voler parlare di tutto ciò che sa dare dei segni — ; il bisogno di liberarsi in qualche modo da sè stessi per mezzo di segni e di gesti; la capacità di parlar di sè con cento mezzi della parola, uno stato esplosivo. Bisogna immaginarsi anzitutto questo stato come una costrizione e un de- siderio eccessivo che ci spingono a liberarci da questa esuberanza di tensione interna con ogni specie di lavoro muscolare e di mobi- lità : poi come una coordinazione involontaria di questo movimento coi fenomeni interiori (immagini, pensieri, deside- ri) — come una specie di automatismo di tutto il sistema muscolare sotto l'impulso di un forte stimolo agente dall'interno — ; incapacità d' i m p e d i r e la reazione; l'apparato rallentatore sem'bra in certo modo sospeso. Ogni movimento interno (sentimento, pensiero, emo- zione) è accompagnato da mutamenti vascolari e conse- guentemente da variazioni del colore, della temperatura, della se- crezione. La potenza suggestiva della musica, la sua « sug- gestione mentale »; 3) II dover imitare: una irritabilità estrema, colla quaJe una data immagine si comunica in modo contagioso — uno stato è già indovinato solo dai segni, e rappresentato.... Un'immagine che sorge interiormente agisce già col metter in moto le membra — una certa sospensione della volontà.... (Schopenhauer!!!) Una specie di sordità, di cecità per tutto ciò che accade al di fuori.... il regno degli eccitamenti ammessi è strettamente limitato. Questo distingue l'artista dal profano (da colui che è recettivo d'arte): questi raggiunge i punti culminanti della sua eccitabilità nel ricevere; quegli nel dare — dimodoché un antagonismo fra que- ste due predisposizioni non è soltanto naturale, ma anche deside- rabile. Ognuno di questi stati possiede un'ottica opposta all'altra — esigere dall'artista che egli si eserciti all'ottica dello spettatore (del critico) — • vuol dire esigere che egli impoverisca la sua po- tenza creatrice.... Accade qui quello che troviamo già nella diffe- renza dei sessi : non si deve chiedere all'artista che d à, di divenire donna, — di «ricevere». La nostra estetica è stata sin qui un'estetica da donna, nel senso — 255 -