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Pagina:Nietzsche - La volontà di potenza, 1922.djvu/30

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52.


Debolezza della volontà — questo è un simbolo che può condurre in errore, — poichè non esiste volontà e quindi nè una volontà debole nè una volontà forte. La molteplicità e la disgregazione degli «istinti», l’assenza di un sistema (fra di essi) risulla come «debolezza della volontà»; la coordinazone di quest’istinto sotto il dominio d’un solo risulta come «volontà forte»; nel primo caso è l’oscillazione e la mancanza di equilibrio; nel secondo la precisione e la chiarezza dell’orientamento.


53.


Principali sintomi del pessimismo:

Les diners chez Magny, il pessimismo russo (Tolstoi, Dostoïèvsky), il pessimismo estetico. l’art pour l’art, la «description» (il pessimismo romantico e anti-romantico) il pessimismo nella teoria, della conoscenza (Schopenhauer, il fenomenalismo) il pessimismo anarchico; la «religione della compassione», preparazione al buddismo; il pessimismo della cultura, (esotismo, cosmopolitismo) il pessimismo morale; io stesso.


54.


Esiste un’azione profonda e interamente incosciente della «dècadence» persino sugli ideali della scienza: tutta la nostra sociologia è la prova di questa affermazione. Resta da rimproverarle che essa conosce per esperienza solo le forme della decadenza della società e prende inevitabilmente i propri istinti di decadenza quale norma del giudizio sociologico.

La vita decadente nell’Europa odierna formula in essi i suoi ideali sociali: essi rassomigliano, come due goccie d’acqua, all’ideale di vecchie razze sopravissute.

Perciò l’istinto del gregge — una forza diventata ora sovrana — è qualcosa di profondamente diverso dell’istinto d’una società aristocratica: dipende dal valore dei singoli quello che deve significare la somma. Tutta la nostra sociologia non conosce altro istinto all’infuori di quello del gregge, cioè quello degli zeri sommati, in cui ogni zero ha gli stessi diritti ed è virtù l’essere zero.

La valutazione con cui oggi sono giudicate le diverse forme della società è assolutamente identica a quella che attribuisce un valore più alto alla pace che alla guerra; ma questo giudizio