Pagina:Nodier - Racconti Fantastici, 1890.djvu/62

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briata dai ricordi ineffabili del piacere, che mi ronderà il canto delle giovani figlie della Tessaglia e le notti voluttuose di Larissa? Fra le colonne di marmo semitrasparenti, sotto dodici splendide cupole riflettenti nell’oro e nel cristallo i fuochi di centomila fiamme, le giovani figliuole della Tessaglia avvolte nel vapore colorato che emana da profumi, non offrono agli occhi che una forma indecisa ed attraente che par lì lì per isvanire. La meravigliosa nuvola dondola attorno ad esse e forma sui loro gruppi incantevoli i giuochi incostanti della sua luce, i coloriti freschi della rosa, i riflessi animati dell’aurora, lo strepito abbagliante dei raggi della capricciosa opale.

A volte sono pioggia di perle che rotolano sopra le tuniche leggiere di quelle fanciulle, a volte pennacchi di fuoco spruzzanti da tutti i nodi dei legacci d’oro, che stringono i loro capelli. Non vi spaventate nel vederle più pallide delle altre figliuole della Grecia. È molto se esse appartengono alla terra, e sembrano svegliarsi da una vita già passata. Esse sono anche tristi, sia perchè vengono da un mondo ove hanno abbandonato l’amore di uno Spirito o di un Pio, sia perchè vi è nel cuore della donna che incomincia ad amare un immenso bisogno di soffrire.

Pure ascoltate. Ecco i canti delle giovani figlie della Tessaglia, la musica che sale, sale nell’aria, che commove passando come una nube armoniosa, le vetriate solitarie delle rovine care ai poeti. Ascoltate. Esse abbracciano la loro lira d’avorio, interrogano le corde sonore, che rispondono una volta, vibrano un momento, si fermano; e divenute immobili, prolungano ancora non so quale armonia infinita, che la mente percepisce con tutti i sensi, melodia pura come il più dolce pensiero d’un’anima felice, come il primo bacio d’amore prima che l’amore si sia compreso egli stesso, come lo sguardo d’una madre che accarezza la culla del fanciullo, del quale ha sognato la morte, e alla quale viene riportato, tranquillo o bello nel suo sonno. Così svanisce, abbandonato ai venti sviato dagli echi, sospeso in mezzo al silenzio del lago o morente coll’onda ai piedi della insensibile roccia l’ultimo sospiro del sistro d’una giovane che piange, poichè il suo amante non è venuto.

Esse si guardano, si protendono, si consolano, intrecciano le loro eleganti braccia, confondono la loro capigliatura ondeggiante, danzano e fanno scaturire sotto i loro passi una polvere infiammata, che vola, imbianca, si spegne, ricade in cenere d’argento; e l’armonia dei loro canti scorre sempre come un fiume di miele, come un ruscello grazioso che abbellisce de’ suoi dolcissimi mormorii le rive amate dal sole e ricche di segrete sinu-