Pagina:Nodier - Racconti Fantastici, 1890.djvu/64

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Avete mai visto rasente i muri del Ceramico allorchè sono sforzati nei primi giorni dell’anno dai raggi del solo che rigenera il mondo, un lungo seguito d’uomini pallidi immobili, colle gote incavate dalla fame, collo sguardo spento e stupido, gli uni accoccolati come bruti, gli altri in piedi, ma appoggiati contro le colonne, e piegati a metà sotto il peso del loro corpo estenuato? Li avete voi veduti colla bocca socchiusa per aspirare ancora una volta le primo influenze dell’aria vivificante, raccogliere con mesta voluttà le dolci impressioni del calore tiepido di primavera? Lo stesso spettacolo vi avrebbe colpito lungo le mura di Larissa, poichè ci sono degli infelici da per tutto; ma qui la sventura porta l’impronta d’una fatalità speciale più degradante della miseria, più pungente della fame, più spaventevole della disperazione. Questi disgraziati s’avanzano lentamente l’uno dietro l’altro e marcano tra un passo e l’altro delle lunghe soste, come figure fantastiche, disposte da un meccanico consumato su una ruota indicante la divisione del tempo. Scorrono dodici ore prima che il corteggio silenzioso compia il giro della piazza circolare, sebbene tanto piccola che un’amante può leggere da un estremità all’altra sulla mano più o meno aperta della sua amata, il numero delle ore della notte che devono condurre l’ora tanto desiderata dell’abboccamento. Questi spettri viventi non hanno conservato quasi niente d’umano. La loro pelle rassomiglia ad una bianca pergamena stesa su uno scheletro, l’orbita de’ loro occhi non è animata da una scintilla dell’anima, le loro pallide labbra fremono d’inquietudine e di terrore, e quel ch’è ancor più spaventoso, esse formano un sorriso sdegnoso e feroce come l’ultimo pensiero d’un condannato che risoluto subisce il supplizio. La maggior parte di essi è agitata da deboli ma continue convulsioni e tremano come l’astina di ferro della ribeba che i ragazzi fanno rumoreggiare fra i loro denti. I più degni di compianto vinti dal destino che li perseguita, sono condannati a spaventare per sempre i passanti colla ributtante deformità delle loro membra rachitiche, e dei loro atteggiamenti inflessibili. Tuttavia il periodo regolare della loro vita separante due sonni è per essi quello della sospensione dei dolori da essi più temuti. Vittime della vendetta delle streghe della Tessaglia, essi ricadono in preda a tormenti che nessuna lingua può esprimere, appena il sole prostrato sotto l’orizzonte occidentale ha cessato di proteggerli contro i terribili sovrani delle tenebre. Ecco perchè essi seguono il corso troppo rapido, coll’occhio sempre fisso sullo spazio ch’egli abbraccia, nella speranza sempre vana che esso dimentichi una volta il suo letto azzurro, e