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sta dalli ventinove Capitani delle ventinove ottine, o rio-

    dizi, che fuori di essi. Le quali noi comandammo che compilasse maestro Pier delle Vigne, giudice della nostra gran corte Capuana, ed a noi legato in fede. Napoli n’ebbe una reggia, una università di studi, ed incremento nelle particolari congregazioni de’ cittadini, di modo che i suoi tocchi, già mutato il nome in sedili a’ tempi normanni, crebbero al numero di ventinove.
       Angioini. Questa dinastia d’origine francese, che ha governato il reame di Puglia per concessione pontificia nel periodo di centosessantaquattro anni, è partita in due rami: il primo, che regnò cenioquindici anni dal 1266 al 1381, fu detto semplicemente degli Angioini, e contò quattro Re, che sono Carlo I, Carlo II, Roberto e Giovanna I: l’altro ramo, cognominato de’ Durazzeschi, durò cinquantanove anni sino al 1440, e noverò anche quattro Re, che furono Carlo III, Ladislao, Giovanna II e Renato.
       La partizione de’ terreni siciliani a’ nuovi baroni francesi, le collette e le taglie imposte non pur sopra le cose che su le persone, la nissuna clemenza per chi militato avea sotto le bandiere sveve facevano fastidioso il nuovo reggimento di Carlo: il quale fermatosi nella città di Napoli, intendeva meno ad essere amato che temuto. Il perchè i popoli siciliani facevan solleciludine in Alemagna, affinchè Corradino, figliuol di Corrado, venisse in Italia al possesso del trono de’ suoi avi. E l’Imperatore, nella giovanile età dì sedici anni, lasciando una madre che soprammodo l’amava, ragùnò un esercito, e, pieno il cuore di nobili speranze, lo condusse nel reame, dove tutto pareva promettergli lietissima ventura: imperocchè il Duca d’Austria, zio di Corradino, giovane anch’esso che di alquanti anni avanzava il nipote, volle tenergli compagnia con molti altri nobili baroni tedeschi; e qui alle schiere alemanne crescevan forza e numero le armi apparecchiale da’ signori Pugliesi e Siciliani, le bande raccolte nelle città ghibelline d’Italia, la flotta di Federigo, infante di Castiglia, ed il gagliardo stuolo de’ Saracini di Lucera. Pure prevalse il consiglio del vecchio Alardo, antica capitano di Francia, ch’era di ritorno dalle guerre delle crociate, ed a cui Carlo volle fidato il governo dell’impresa. Fatto sfogare l’impeto de’ Ghibeilini sopra due bande dell’esercito Guelfo, quando quelli, certi della vittoria, slacciavan gli elmi