Pagina:Novella di Dioneo e Lisetta.djvu/37

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fede che io mi consumava per voi nelle chiese e per le strade, e che egli di voi nel letto e nelle barche si godeva? Molte cose mi vanno ora per la mente, le quali adoperando io in voi, mi potrei vendicare delle infinite ingiurie che fatte mi avete: ma tolga Iddio che io sia di sì vile e basso animo, che contro ad una vilissima femminuzza io stenda le mani: non già perchè voi da me mille morti non meritaste, per voi non essendo rimaso di darne molte più a me co’ tormenti e strazii che dati mi avete, o di costrignermi colla crudeltà vostra ad uccidermi colle mie proprie mani, come più volte da soverchio dolore vinto n’ho avuto pensiero: ma non sia mai vero che l’altezza dell’animo mio vincere si lasci dalla bassezza del vostro. Voi cogl’inganni ed arti vostre, in me operando, quell’ufficio faceste che le perverse e malvagie femmine fanno: io avendovi colle reti vostre presa, di voi ridendomi e schernendovi, quell’ufficio farò che i saggi e valorosi uomini fanno; e contentandomi d’avervi schernita ed uccellata come io v’ho, lasciandovi ora andare, di voi altra pena non piglierò che infinito riso. Andatevi con Dio... Che? non andate? andate ch’io non