Pagina:Novelle lombarde.djvu/161

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vazzavano in pace da padroni, sono costretti a fare fardello, ed arrivano i Francesi, i Giacobini.

Sa lei che differenza corre tra ’l venerdì e il sabato grasso? in quello, ciascuno attento a’ fatti suoi, serio operoso; al domani una baldoria, un correr all’impazzata, a travestirsi, a saltabellare; e fin gli uomini più assennati pigliare un ramo non so se mi dica di pazzia. Faccia conto che nè più nè meno avvenisse in quell’occasione. Allora non più arciduca, non più imperatore; abbasso le aquile, cancellati gli stemmi: ognuno mette al cappello una coccarda a tre colori; bandiscono che siano liberi tutti, tutti eguali, il padrone al villano, il nobile all’artiero, il servo al suo signore; e feste, e falò e sulle piazze, pe’ sagrati, da per tutto piantare un albero, che voleva dire la libertà e non aveva radici; e attorno a quello cantare, ballonzare, far scene e arringherie, sinchè il capriccio di qualche caporale, in nome della libertà, non interrompesse la baldoria.

Lor giovani, è inutile, non ne vedranno più di vicende simili; ed io, se campassi dugent’anni, non mi uscirà mai di memoria il trapestio di quel tempo.

Io non aveva mai veduto nè sentito altrettanto giovane del resto e perciò volonteroso delle novità, se in sulle prime mi parevano follie, non tardai a pigliarci gusto come gli altri; come gli altri mi lasciai inorpellare, e mi credetti divenuto un gran che. Capperi! non ero io cittadino? non potevo dar del tu alla signora contessa, e dir cittadino al signor marchese?

I ricchi, ai quali, un giorno peggio dell’altro fioccavano addosso pesi, imposizioni, angherie, do-