Pagina:Novelle lombarde.djvu/282

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quando v’erano tuttora le streghe e le paure, che ciascuna di esse ha veduto, ha udito cogli occhi, cogli orecchi suoi proprj. L’una rammenta quel palazzotto poco discosto, ove guai che alcuno si fosse arrischiato di dormire, perchè, sulla mezzanotte, vi correva di sù di giù la fantasima con grande fracasso di catene, dopo che il diavolo se n’era, corpo ed anima, portato via il padrone, il quale era così ingordo avaro, che in una gran carestia avendo ammassato di molto grano, e poi essendone scaduto il prezzo, per disperato s’appiccò.

— Io non so darmi pace (così dice la Simona, vecchia impresciuttita e rubizza) di certuni, che queste cose non le vogliono credere. E in castello? Al tempo dei tempi vi stava un cavaliero, che aveva una moglie, ma delle belle che si potessero vedere con un par d’occhi. Ora, venuto geloso d’un bel paggetto, un giorno egli lo fece squartare, gli cavò il cuore, e bell’ e fritto, quel cuore lo imbandì alla sua signora. Quando la signora se n’è occorta, si traboccò dalla finestra nella fossa. Il cavaliero poco dopo fece anche lui cattiva fine; e per questo, Iddio ci guardi dal commettere omicidj. Io stessa, non conto ciance, io stessa ho veduto, una volta come mille, un uccellaccio strano, che aveva la forma d’un ferro di lancia, aliare sulla sera attorno attorno ai merli del castello, ed era l’anima di quel cattivo.

— Ma (interrompe comar Giuditta, mentre sbracia il veggio) dopo che vi alloggiarono dentro i Giacobini, quell’uccellaccio non s’è lasciato più vedere come non ci s’è più sentito in palazzo.

— Uh! coloro» torna su la Simona: «erano fram-